giovedì 14 ottobre 2010

I BIRMANI ACCUSANO LE AUTORITA’ TAILANDESI DI TRAFFICO UMANO



“...un poliziotto ha voluto 5.000 baht e gli ho detto che non li avevo. Poi mi ha detto che se andavo a letto con lui non mi avrebbe portato in stazione...”



Immigrati illegali in Tailandia hanno accusato le autorita’ di Ranong di venderli ai barcaioli contrabbandieri e di rendere le ragazze schiave del sesso a pagamento.

Due Birmane hanno riferito che la polizia di Ranong assieme ad ufficiali dell’Ufficio Immigrazione, chiedono soldi o prestazioni sessuali alle loro vittime dietro detenzione o vendita a mediatori qualora rifiutano di cedere alle richieste.

Una ragazza di 17 anni ha detto di essere stata costretta a lavorare come prostituta in un bar karaoke sin da quando ne aveva 13, vendendo il suo corpo a 350 baht a cliente dei quali 125 vanno al padrone e 100 all’ufficiale corrotto. Il bar karaoke dice di appartenere ad un poliziotto del posto.

Gli immigrati arrestati a Ranong, dopo un periodo di detenzione che varia, vengono selezionati in gruppi e marcati per consegna lungo il fiume Kraburi per la Birmania dove durante il trasferimento si incontrano le barche dei trafficanti.

Il traffico illegale dei Birmani e’ in corso da diversi anni dove a migliaia vengono catturati e sfruttati.

Ranong si trova al confine piu’ vicino tra Birmana ed il Sud delle 14 provincie Tailandesi che comprende localita’ di turismo internazionale quali Phuket, Krabi e Kao Lak.

Paradossalmente, il processo ha il tacito consenso delle vittime stesse le quali preferiscono essere sfruttate sessualmente o essere vendute come forza lavoro nell’industria di gamberi e gamberetti piuttosto che essere consegnati alle autorita’ Birmane le quali riservano loro un lungo imprigionamento e a volte torture.

Queste sono le informazioni date da Ae e Mo (nomi inventati), 2 donne Birmane le quali rischiano maltrattamenti dalla Polizia e dagli Ufficiali Tailandesi qualora venissero scoperte. La loro storia combacia con quella di altri Birmani che hanno avuto la stessa sorte.

A Gennaio 2009, l’esercito Tailandese ha rimandato in mare centinaia di Rohinghya (gruppo etnico musulmano) trovati su barche alla deriva al largo di Ranong. Molti di loro si stima che siano morti in mare.

Per diversi anni, la vittimizzazione di migliaia di immigranti Birmani in Tailandia ha preso piede senza alcun intervento del governo. Oggi non e’ cambiato nulla nonostante che il comportamento con i Rohingya abbia ricevuto attenzione internazionale e dopo l’incidente nel 2008 dove 54 Birmani sono morti soffocati dentro ad un camion che ne conteneva piu’ di 100 diretti a Phuket.

Una vita di lavoro legale o illecito nelle societa’ di costruzione a Phuket, rappresenta il sogno di molti Birmani i quali preferiscono la vita da cani seclusi in Tailandia piuttosto che poverta’ e fame nella loro Terra.

Il racconto di Ae e Mo avviene proprio a ridosso della Conferenza Internazionale Anti-Corruzione che si terra’ a Bangkok a Novembre a cui parteciperanno circa 1500 delegati da tutto il mondo. Sihasak Phuangketkeow e’ il presidente del Consiglio ONU sui Diritti Umani in Tailandia.

Mo ha 17 anni e dice di essere orfana. Non ha nessun ricordo dei suoi genitori e dice di essere stata cresciuta da una donna a Victoria Point, il paese Birmano piu’ vicino a Ranong.

Quando avevo 6 anni, sono stata portata in Tailandia dalla donna che mi ha cresciuto dopo che i miei genitori sono morti. Mi ha portato nella provincia di Chumpon dove lei lavorava per un’azienda ittica. A 13 anni, mi ha venduto al proprietario di un karaoke bar per 70.000 baht. Mi pagava 4.000 baht al mese ma il salario andava alla donna. Servivo ai tavoli, pulivo il bar ed intrattenevo i clienti. Se i clienti mi davano la mancia, me la custodivo gelosamente. Ho detto al proprietario che volevo andarmene e mi ha risposto che non potevo poiche’ aveva pagato per me e quindi non potevo scappare. Poi, ho incontrato un uomo Birmano gentile che mi ha dato lavoro in un’azienda ittica. Ho potuto cosi’ risparmiare per 1 anno ed ho incontrato Ae che stava cercando lavoro. Ae aveva deciso di ritornare a Ranong ed io andai con lei”.

Prima che lasciassimo Chumpon, la polizia ci ha fermato per strada chiedendoci 7.000 baht a testa come prezzo per lasciarci andare. Ae riferi’ di non avere quei soldi ma io avevo qualche risparmio e riuscii a negoziare un prezzo di 3.000 baht e quindi fui libera di andarmene”.

Ae invece rimase in prigione 1 mese per poi essere messa su un camion con destinazione Ranong assieme ad altri Birmani. Incontrai Ae a Ranong. Ero senza lavoro e senza soldi, cosi’ decisi di andare in Soi 3 (la zona bordelli di Ranong) e lavorare in un karaoke di proprieta’ di un poliziotto che aveva in custodia la mia carta d’identita’. Il cliente pagava 350 baht per fare sesso di cui 125 andavano al padrone e 100 all’ufficiale corrotto dell’Immigrazione. Dovevo lavorare ogni giorno con 4 o 5 clienti. Alla fine sono scappata ed ho incontrato Ae ma il proprietario mi ha scovata con l’aiuto di un suo scagnozzo e mi ha portata indietro nel bar”.

Poi mi sono malata e sono finita all’Ospedale di Ranong, dopodiche’ Ae mi ha preso e portata a stare presso un’altra amica. Sono stata fermata da un poliziotto al quale ho detto che la mia carta d’identita’ ce l’aveva il padrone del bar in Soi 3. Il poliziotto mi ha chiesto 2.000 baht che non avevo e pertanto mi ha portato in stazione. Al processo, mi hanno dato una multa di 2.000 baht che significa servire 10 giorni in galera a 200 baht al giorno, dopodiche’ mi hanno spedito al centro detenzione dell’Immigrazione”.

Una donna poi mi ha notato domandandomi se nessuno era venuto a pagare la cauzione per me alla quale ho risposto di no. La donna ha quindi pagato 1.500 baht all’Immigrazione e mi ha portato via in camion assieme ad altre 20 donne e circa 30 uomini. Siamo poi saliti su 2 barche, una per gli uomini e l’altra per le donne. Avevamo tutti i polsi legati. Vicino a Victoria Point, una barca poi ci e’ venuta incontro. L’uomo sulla barca aveva una lista delle persone da prendere a bordo. Altre 4 ragazze assieme a me sono state messe sulla barca e riportate in Tailandia mentre tutti gli altri sono stati portati in altre barche diverse”.

“Non abbiamo mai visto nessuna autorita’ Birmana. Sapevo che eravamo diretti in Tailandia ma non sapevo dove. La donna che aveva pagato 1.500 baht per me attendeva al molo di attracco. Per ognuna di noi, ha pagato 2.000 baht”.

“Un minivan ci ha poi portato al distretto di Kraburi a lavorare in una piantagione di gomma. Dopo 6 settimane, la donna mi ha detto che mi avrebbe trovato un marito. Ho quindi fatto amicizia con un uomo che mi ha portato a far compere al mercato locale ma alla prima occasione sono scappata con 1.000 baht in tasca ed ho preso il bus per Ranong dove ho di nuovo incontrato Ae”.

Ae ha 23 anni e dice di aver vissuto a Ranong per oltre 10 anni essendo arrivata con altri 8 membri della famiglia i quali hanno cominciato a vendere vestiti e sono rimasti.

Circa 4 anni fa, la mia famiglia ha deciso di ritornare in Birmania. Con i risparmi accumulati, avevano deciso di aprire un negozio mentre a me piaceva stare in Tailandia e pertanto sono rimasta. La vita e’ piu’ dura in Birmania. Quando ho bisogno di soldi, qualche volta lavoro al bar. Il proprietario di un bar ha preso la mia Carta d’Identita’ e se l’e’ tenuta”.

“Ho girato un po’ la Tailandia andando a Samui, Nakkornsitammarat ed anche Phuket. Al posto di controllo di Tachatchai la polizia mi ha chiesto la Carta d’Identita’ alla quale ho risposto che abitavo a Phuket e l’avevo dimenticata in casa. Non hanno sollevato obiezioni facendomi passare. Parlo il Tailandese piuttosto bene”.

Una volta a Chumphon, ho incontrato Mo e sono stata arrestata in quanto non avevo Carta d’Identita’ e soldi. Mi hanno detenuto per poi mandarmi a Ranong con la celere. All’Immigrazione, mi hanno chiesto soldi ma ho detto loro che avevo solo 1.500 baht sufficienti solo per il viaggio a Victoria Point”.

Quando ho poi trovato soldi, sono ripartita per la Tailandia con in mano un visto di 1 settimana. Da allora, non sono piu’ ritornata. Una notte, un poliziotto mi ha fermata a Ranong. Non avevo la carta d’identita’. Ha voluto 5.000 baht e gli ho detto che non li avevo. Poi mi ha detto che se andavo a letto con lui non mi avrebbe portato in stazione. Alla fine, si e’ preso 1.500 baht”.

Quando incontriamo la polizia Tailandese, chiedono sempre soldi. Ricordo una volta in cui 3 uomini vennero a casa mia poiche’ stavano cercando Mo la quale era andata a casa di una nostra amica. Dopo avermi picchiata, gli uomini mi hanno portato su una collina dove pensavo che mi avrebbero ucciso poiche’ non volevo dire loro dove si trovava Mo. Mi hanno poi portata a Ranong in un bar di Soi 3 e ammanettata ad un tavolo. Le manette non erano cosi’ strette cosi’ sono riuscita a liberarmi e fuggire. Sono ritornata nella mia stanza a prendere le mie cose per poi andare a vedere Mo”.

Adesso, durante il giorno non ho paura se qualcuno mi nota. Di notte e’ diverso poiche’ e’ piu’ pericoloso. La polizia qui’ fa’ soldi sulla pelle dei Birmani in ogni momento. Anche Birmani in regola subiscono minacce di venire beccati in possesso di droga (messa dal poliziotto) qualora rifiutino il pagamento del pizzo”.

Mo ed Ae dicono di voler continuare la loro vita in Tailandia, probabilmente a Ranong. Non sanno rispondere a domande che riguardano il loro futuro. Il Colonnello capo dell’Ufficio Immigrazione a Ranong afferma che tutte le domande rivolte a lui devono dapprima avere l’approvazione dei suoi superiori a Bangkok.


Fonte: Phuketwan

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