PREFAZIONEFino agli anni ’90, la Tailandia e’ stato un Paese caratterizzato da un alto grado di omogeneita’ ideologica in tutti gli strati sociali per cio’ che riguarda i valori chiave della Nazione e su cio’ che significa essere Tailandese. Tale consenso comprende la venerazione per il Re, un alto riguardo per la religione Buddista, l’adesione ad un sistema economico di libero mercato ed il supporto di una gerarchia sociale dove viene enfatizzato il rispetto per gli strati alti della societa’, viene riconosciuta una posizione elevata per i funzionari statali (polizia, forze armate e pubblico impiego) e per tanto tale condizione fa si che la Nazione sia sotto il costante controllo di una elite di persone che siede ai vertici della piramide sociale. Dopo anni ed anni, tale elite di persone ha instillato in modo automatico ed assillante l’accettazione di tale struttura a tutti i livelli della societa’ partendo proprio dalle scuole per poi rinforzare il concetto attraverso una campagna mediatica, ritratti della Famiglia Reale, ecc ... Dissentire da tali elementi creati dall’ ”establishment” significa non essere Tailandese. Vi sono stati casi di persone dissenzienti i quali sono stati marginati ricevendo pressioni o per mezzo dell’intervento della Polizia. L’accettazione di tale consenso, creava una societa’ stabile dove le persone generalmente accettavano il posto dove si trovano nella piramide sociale e che vedeva gli ambiziosi che partono dal basso poter scalare la piramide tramite connessioni e favoritismi in generale.
Tale sistema basato sul consenso generico il quale aveva portato il Paese alla stabilita’, ha consentito anche un considerevole sviluppo economico tanto che anche molti poveri contadini hanno visto un sostanziale miglioramento delle condizioni di vita negli ultimi 50 anni.
Questo consenso ha beneficiato l’elite sociale fatta di circa un migliaio di persone che controllano la Nazione attraverso posizioni chiave nel sistema burocratico, militare, nella polizia, nel mondo degli affari (in particolar modo le Banche) e ovviamente politico sia a Bangkok che nelle province. Nessun membro di questa elite cambiera’ mai il sistema che garantisce loro uno stile di vita confortevole a livello economico assieme ad una posizione alta nei ranghi sociali, sistema che tra l’altro ha portato ad una crescita soddisfacente dell’economia ed al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione in generale.
I partiti politici e coloro che li comandano (sia di Governo che dell’opposizione) tutti beneficiano da tale sistema. La Politica in Tailandia e’ sempre stata come una torta che l’elite si suddivide le cui briciole vengono date agli strati inferiori. Alcune persone come Kukrit e Boonchu, hanno tentato di cambiare la politica ossia di renderla piu’ sensibile ai problemi di natura sociale, economica e di giustizia ma senza riuscirci poiche’ si trattava di andare contro il sistema elitario. Banharn non sarebbe mai riuscito a diventare Primo Ministro nonostante venisse dai ceti piu’ bassi se non grazie alla sua brillante abilita’ opportunistica di saper giocare e flirtare con il sistema elitario senza mai scontrarsi.
Il ceto medio (sempre piu’ in crescita e che possiamo chiamare la classe borghese), ha sempre accettato questo modello dal momento che con esso miglioravano le loro condizioni di vita. I contadini ricevevano di riflesso i benefici di tale sistema sottoforma di costruzione di infrastrutture (strade, reti elettriche, scuole) che finalmente arrivavano in angoli sperduti sino ad allora isolati dal mondo civilizzato. Inoltre, le grandi opere in citta’ necessitavano di ingente manovalanza e pertanto era aumentata la richiesta di posti di lavoro. Il sistema sembrava funzionare. Proprio come il motore di un’automobile, tutti gli ingranaggi accettavano la loro posizione come se fosse un progetto socio-meccanico che rifletteva anche una sorta di Karma presente nella religione Buddista. Se pero’ questo sistema di governo elitario continuasse a dominare la Tailandia, cio’ darebbe luogo ad un divario sempre piu’ grande tra ricchi e poveri ed alla strumentalizzazione delle classi sociali piu’ basse. Paesi asiatici quali Giappone, Korea, Taiwan, Singapore, Hong Kong e – in certa misura – Malesia, hanno tutti portato la maggioranza della loro popolazione verso il ceto medio tramite un buon programma di educazione e la loro partecipazione nelle riforme in campo territoriale, di previdenza sociale ed il favorimento di leggi aventi lo scopo di una piu’ equa distribuzione di reddito e potere. La Tailandia non mi sembra che abbia mai avuto questa visione. Difatti, negli anni ’90 quando Amnuay Virawan era Vice-Primo Ministro, sembrava che il costo del lavoro aumentasse a livello tale da diminuire i profitti delle aziende a forte numero di lavoratori. Piuttosto che incitare tali aziende a migliorare la produttivita’ cosi’ da poter pagare di piu’ i lavoratori, la risposta di Amnuay e’ stata quella di adottare lavoratori da Paesi limitrofi quali Birmania e Cambogia. In altri termini: se i lavoratori Tailandesi fossero stati portati a livello di quelli di Korea e Taiwan (con piu’ conoscenza, voglia di lavorare e cervello !), il potere elitario avrebbe visto cio’ come una minaccia al proprio status-quo.
Espatriati di lunga data ricordano i bei tempi della Tailandia degli anni ’90 poiche’ generalmente gli stranieri ne hanno sempre beneficiato durante tale periodo. Il sistema cosi’ com’era andava bene per tutti e gli Stati Uniti ne hanno beneficiato alla grande facendo pappa e ciccia con l’elite Tailandese la quale ha dato loro appoggio durante la guerra con il Vietnam. Molti di questi Farang erano convinti che nulla sarebbe cambiato dal momento che l’elite avrebbe sempre avuto il controllo della Nazione con la complicita’ della remissiva categoria bassa della piramide. Dopotutto, sin dalle scuole elementari, ai ceti bassi e’ sempre stato loro insegnato che troppe domande impertinenti erano contro-culturali ossia “non-Tai”. Dovevano solo obbedire ai loro superiori senza pensare. Tutto cio’ ha trovato terreno fertile fintanto che non si e’ presentato sulla scena una persona che e’ riuscita ad arrivare al top della scala gerarchica senza pero’ far parte dell’elite: l’arrivo di Thaksin ha cambiato drammaticamente la Tailandia. Da Nazione avente un’ideologica omogenea, Thaksin l’ha resa piu’ divisa che mai. Thaksin ha riconosciuto in maniera astuta che la maggioranza dei votanti proveniva dalla campagna e che questi, negli anni di crescita economica, erano diventati come un gigante che dorme il quale aspetta solo di essere svegliato. Una volta svegliati, gli elettori campagnoli non si sarebbero piu’ addormentati.....
E’ buono ricordare che quando Thaksin e’ entrato in politica, non era appoggiato solo dalle masse contadine ma anche da un certo numero di intellettuali Bangkokiani i quali lo vedevano come un fautore di grandi cambiamenti politici necessari per fare della Tailandia un Paese del XXImo secolo al passo con i tempi e competitivo in campo economico. Cio’ dimostra che circa 10 anni fa’ esponenti intellettuali erano consapevoli della necessita’ di cambiare e pertanto avevano riposto le loro speranze in Thaksin.
Il problema (o meglio la tragedia) e’ stato che Thaksin ha dimostrato di essere un falso profeta egoista, abile solo a sfruttare le masse rurali con la propria demagogia invece di pensare a riformare il Paese. Ho avuto l’impressione che le sue motivazioni siano state caratterizzate da un genuino interesse nel bene della Nazione mescolato pero’ ad avidita’ e sete di potere. Lo vedo come nella scala del grigio: lontano dall’essere il messia con cui i contadini vogliono farlo passare ma nemmeno l’incarnazione del diavolo come viene dipinto dall’elite Bangkokiana. Qualsiasi la sua vera natura, bisogna riconoscere che ha saputo introdurre diversi buoni progetti quali l’assistenza medica per i poveri e l’OTOP (One Tambon One Product) sebbene sia diventato sempre piu’ corrotto, intollerante e dittatoriale nel governare.
Nelle elezioni del 2005, il Thai Rak Thai e’ ritornato al potere con un numero di voti impressionante, mai ottenuto da un leader politico nella storia della Nazione. Il Partito Democratico, praticamente il solo Partito di opposizione rimasto, non e’ riuscito a cambiare la propria immagine nel 2001 o perlomeno a presentarsi alle masse rurali come un’alternativa credibile a Thaksin. La borghesia e l’elite Bangkokiane hanno risentito di tale sconfitta e la mia impressione e’ che hanno pagato l’inevitabile prezzo per non aver mai ascoltato e considerato la maggioranza povera del Paese nei loro bisogni reali e Thaksin ha saputo sfruttare questo diventando il loro leader.
Diversi Tailandesi miei amici affermano che Thaksin e’ stato eletto grazie alla sua ricchezza con la quale ha saputo comprare i voti. Nelle proteste di Maggio 2010 a Bangkok, sebbene diverse famiglie Tailandesi hanno affermato di aver ricevuto in offerta riso con dentro una banconota da 500 baht in cambio della loro partecipazione, molte di queste sono scese in campo poiche’ credevano genuinamente che Thaksin fosse il politico che aveva a cuore i loro problemi mantenendo le promesse di cambiamento. Ad un certo punto, alimentata dalla macchina propagandistica di Thaksin, i contadini pensavano che tutto cio’ che succede di buono in Tailandia avvenisse esclusivamente grazie a lui. Ricordo di aver deliberatamente chiesto ad un contadino se era vero che Thaksin fosse piuttosto corrotto e la risposta che ho avuto e’ stata “...certamente ! Tutti i politici sono corrotti ma lui e’ il primo politico che ha fatto qualcosa per noi”. Ecco pertanto che corruzione, abusi, ricchezza e potere personale sono elementi irrelevanti per i suoi votanti se cio’ significa trarne in qualche modo vantaggio.
IL CONFLITTOIl susseguirsi dei tumulti sin dalla vittoria del Thai Rak Thai nel 2005 e l’insorgenza a Bangkok in Maggio 2010 dove civili e soldati sono morti, sono fatti noti senza bisogno di essere raccontati. Tali eventi sono la conseguenza della rottura del consenso, del rifiuto di quell’accettazione dello status-quo dell’elite che ha sempre caratterizzato il popolo Tailandese prima della salita al potere di Thaksin. Ora la politica, oltre ad essere un gioco di potere tra i vertici della piramide sociale, e’ presente anche nelle anime della gente di basso rango i quali ne parlano con estrema serieta’. La maggioranza dei Tailandesi sono stati svegliati da Thaksin i quali si sono resi conto che il risultato delle elezioni avrebbe avuto un impatto diretto nelle loro vite. I contadini ora credono che il colpo di Stato del 2006, le delibere della Corte Suprema la quale ha destituito Samak Sundaravej nel 2008 da PM (incompatibilita’ tra la sua carica ed il programma TV a cui partecipava) e successivamente spazzato via il governo di Somchai Wongsawat (voti comprati e pertanto destituzione del PM e scioglimento del suo partito) sono tutti atti che hanno spianato la via ai Democratici di Abhisit verso un governo di coalizione e con esso frantumato i loro diritti e speranze cancellando i loro voti. In un’altro momento del passato, cio’ sarebbe stato visto come normale in una societa’ gerarchica e pertanto accettato in modo rassegnato come se non ci fosse nulla da fare.
I tempi pero’ sono cambiati. Ora anche i contadini sono collegati al resto del mondo tramite cable TV, cellulari, Internet e familiari che lavorando a Bangkok mandano loro i soldi. Diversi tassisti a Bangkok provengono dalle aree povere della Nazione (Isaarn) ed affermano ora “... non siamo piu’ cosi’ tanto stupidi ed ignoranti come i Bangkokiani pensano di noi. Una volta lo eravamo ma ora non piu’ ”. Tanti di loro credono che le istituzioni siano contro di loro per proteggere gli interessi dell’ “establishment”: l’armata che ha condotto il colpo di stato contro Thaksin nel 2006 e che invece se n’e’ stata a guardare durante l’occupazione dell’aeroporto internazionale a Bangkok e l’assedio del palazzo del Governo nel 2008 da parte delle maglie gialle ma che nel 2010 ha soppresso crudelmente la rivolta dei rossi a Bangkok, la nuova Costituzione del 2007 la quale sembra fatta su misura per favorire l’elite, le decisioni della Corte Suprema la quale sembra sempre favorire l’establishment senza tener conto dell’uomo comune, l’ascesa nel 2008 dei Democratici grazie alle sotterfughe trattative dei vertici delle Forze Armate con Newin per formare una coalizione di Governo senza poi dimenticare che l’attacco all’abitazione di Prem Tinsulanonda e’ scaturito da sospetti d’imparzialita’ nei palazzi istituzionali (Prem e’ Presidente del Privy Council ed ex PM).
Il generale benessere economico portato negli ultimi anni ha fatto si’ che tanti campagnoli cambiassero radicalmente. Da ignoranti risaioli ubbidienti a cittadini coscienti dei loro diritti. Le Istituzioni pero’ non si sono evolute a pari passo con il progresso sociale. Sin dalla rivoluzione del 1932 in cui la Tailandia e’ passata da Monarchia assoluta a Monarchia costituzionale, la storia politica Tailandese e’ stata una continua fluttuazione del pendolo da una parte all’altra: dal conservazionismo dittatoriale (generalmente appoggiato dai militari) ad un relativo periodo di democrazia. Guarda caso, quando un periodo di leggi democratiche risulta in eccesso, viene presto rimpiazzato dai militari sempre con la promessa di ristabilire la democrazia al momento giusto. Il pendolo ha continuato ad oscillare tra le due parti ed ogni oscillazione in direzione democratica ha coinciso con un’ampiezza di accesso al potere politico tantoche’ negli anni ’90 la nuova classe borghese risultava ben impegnata nel processo politico a generalmente soddisfatta della direzione in cui si muoveva il Paese.
La crescita economica e la modernizzazione sociale pero’ sono cresciute e si sono evolute molto di piu’ rispetto alle Istituzioni e Thaksin e’ stato abile a riconoscere cio’ utilizzandolo a proprio vantaggio diventando il politico con piu’ successo che la Tailandia abbia mai visto. Nonostante la sua autorita’ e demagogia, Thaksin stava aprendo l’accesso in politica alle classi sociali basse sia di citta’ che di provincia. Cio’ costituiva una minaccia sia per l’elite Bangkokiana che per la borghesia e questo, assieme agli eccessi di Thaksin, ha portato prima al colpo di Stato del 2006 e successivamente ad una serie di azioni (riuscite) aventi lo scopo di destituire i partiti che componevano la maggioranza. L’establishment non poteva accettare il cambiamento drammatico e repentino delle condizioni economiche e sociali che avevano garantito loro lo status-quo prima dell’ascesa al potere di Thaksin.
La storia degli ultimi 200 anni ci insegna che in diversi Paesi al mondo, una volta che la classe borghese acquisisce diritti, immediatamente le classi basse chiedono giustizia e diritti imparziali in campo sociale, economico e politico. In diversi Paesi l’accesso delle classi povere al processo evolutivo del Paese e’ avvenuto in maniera graduale e pacifica con il risultato di prosperita’, stabilita’ a beneficio per ognuno. Tanti Paesi occidentali hanno seguito questo percorso, anche gli Stati Uniti con i trattati “New Deal, Fair Deal e Great Society”. In altre Nazioni quali la Russia e la Cina, i cambiamenti sono stati raggiunti per mezzo di violente rivoluzioni e quindi trasformazioni radicali repentine.
Diversi membri dell’elite Tailandese non prendono in considerazione tali cambiamenti avvenuti nelle altre Nazioni riflettendo sulle loro implicazioni poiche’ credono in una sorta di “particolarismo Tailandese” ossia ai loro occhi la Tailandia non e’ come gli altri Paesi ma diversa e pertanto cose che succedono negli altri Paesi non necessariamente si applicano a loro. Molti Tailandesi provenienti dall’elite e dalla borghesia hanno trovato tempo e denaro da impiegare per l’assedio (illegale) del Palazzo del Governo a Bangkok cosiccome ai 2 aeroporti Internazionali. Si sentivano come coloro che “meglio sapevano” cos’e’ bene per il Paese e quindi il colpo di Stato e l’assedio (illegale) di un bene economico fondamentale per uno Stato quale un’aeroporto Internazionale erano tutte azioni giustificate dal prevenire che Thaksin ed i suoi pupazzi governassero il Paese. Ho ventilato loro con discrezione che il loro ripudio di un governo eletto democraticamente ed il conseguente utilizzo della forza per farlo cadere, non sono simbolo di un Paese civile e loro hanno risposto “... ma come si puo’ accettare un governo votato da gente ignorante poiche’ ineducata ?” dando da intendere che i contadini non possono decidere chi governa la loro Nazione. Ovviamente il fatto di essere ineducati non significa essere stupidi o perlomeno che non si e’ in grado di distinguere gli interessi per il proprio bene. Inoltre, se la maggioranza del Paese risulta essere ineducata (come affermato dall’elite), allora bisognerebbe interrogarsi che cosa ha fatto la classe dirigente negli ultimi 50 anni se, nel corso dello sviluppo economico, la maggioranza della popolazione non ha potuto usufruire di un appropriato programma di educazione cosi’ da farla rimanere ignorante. Sotto pressione, alcuni membri delle maglia gialle si lasciano scappare “... beh, se Democrazia significa che il Governo viene eletto dalla maggioranza delle persone, allora non sono in favore di questa Democrazia in Tailandia”. Questo candido commento e’ esattamente il pensiero comune della faziosa estrema destra del PAD (maglie gialle) ossia che solo l’elite debba gestire la Democrazia. Dopotutto, cio’ era esattamente il sistema prima di Thaksin e probabilmente aveva raggiunto l’apice durante il Governo presieduto da Prem Tinsulanonda negli anni ’80 quando la Nazione era pacifica, stabile ed ognuno era ottimista riguardo il futuro del Paese d’accordo con le direttive di sviluppo impartite da tecnocrati appartenenti all’elite.
I tafferugli di Aprile 2009 e la repressione di Maggio 2010 a Bangkok meritano 4 considerazioni:
1)La disobbedienza civile aveva gia’ stabilito un precedente per mezzo dell’assedio nel 2008 delle maglie gialle sia nella sede di Governo che negli aeroporti Internazionali di Suvarnabhumi e Don Muang danneggiando cosi’ l’economia Tailandese e la sua reputazione agli occhi del mondo intero. Non essendo stati avviati procedimenti penali verso le maglie gialle per tutto il casino, cio’ ha costituito un esempio da copiare per la parte avversa dando cosi’ prova del “doppio standard” utilizzato dalla giustizia Tailandese (i leader dei rossi detenuti e quelli dei gialli a piede libero)
2)Se le maglie rosse avessero occupato un parco pubblico come Lumpini in maniera pacifica senza tafferugli e senza interruzioni dell’ordine pubblico, probabilmente il Governo non li avrebbe manco considerati dopodiche’ avrebbero esaurito le loro energie per ottenere il nulla. Se c’e’ da fare una protesta contro una elite intransigente ed inespugnabile, allora c’e’ bisogno di fare qualcosa che attiri l’attenzione altrimenti gli sforzi sono vani.
3)L’irruzione al Chulalongkorn Hospital ed Il fuoco appiccato nelle ultime fasi del ritiro dalle maglie rosse sono state azioni che sono andate ben aldila’ di una giustificata legittima disobbedienza civile e stavolta, per dirla in chiave Macchiavelliana, direi che “il fine non ha giustificato i mezzi”. Lo stesso dicasi per i cecchini e gli attacchi con le granate sempre da parte degli stessi (come l’attacco al Dusit Thani Hotel).
4)Sebbene la stragrande maggioranza dei protestanti erano gente pacifica, agli occhi esterni l’irruzione all’Ospedale, il fuoco appiccato e le granate hanno completamente destituito le maglie rosse di qualsiasi leggittimita’ alla protesta specie se questa e’ stata fatta in modo da calpestare i diritti di altra gente pacifica che giornalmente portava a casa il pane da mangiare e che e’ stata costretta a chiudere bottega subendo anche minacce.
Una riflessione riguardo la violenza. C’e’ stata critica diffusa riguardo l’uso di forza eccessiva dei militari per disperdere i protestanti. Da quello che ho visto e sentito, mi sembra che i soldati abbiano atteso diverse settimane prima d’intervenire lasciando alla politica il compito di risolvere il problema. Quando il Generale di Corpo d’Armata Anupong Paojinda ha messo in atto l’ordine di dispersione ed eventuale repressione impartitogli da Abhisit utilizzando il minimo della forza per questo difficile compito, mi sembra che prima di allora si siano provate tutte le strade per una riconciliazione pacifica e mi sembra che vi sia stata una sorta di atteggiamento furbesco ed intransigente da parte dei leader delle maglie rosse piuttosto che un loro genuino interessamento a trattare scendendo a compromessi con Abhisit e quindi trovare un accordo per il bene comune. Ricordiamoci anche che qualunque intervento di ordine pubblico non e’ mai pacifico (ne sanno qualcosa i no global durante i G8 o G20 che a dir si voglia) e feriti sono inevitabili. Qua’ si trattava di una massa molto intransigente da gestire dopo settimane e settimane di assedio che hanno visto paralizzato il fulcro commerciale e finanziario della capitale di una Nazione.
LE MAGLIE ROSSEDi tutte le discussioni che si possono fare riguardo la politica tailandese, penso che non vi sia nulla di piu’ controverso quale la natura, composizione e leadership delle maglie rosse. Da una parte vi sono coloro i quali affermano che i protestanti vengono pagati e che vi sono infiltrati dei “terroristi” armati i quali prendono ordine da Thaksin. Gran parte delle maglie rosse sono pacifici e decenti famiglie di contadini del nord - nord-est i quali hanno ricevuto un lavaggio del cervello dai discepoli di Thaksin attraverso i canali radiofonici, televisivi e, come ultimo, gli innumerevoli discorsi a Rajaprasong. Non disponendo di una propria educazione e soprattutto non disponendo di un’appropriato senso critico, non sono in grado di distinguere la realta’ da cio’ che e’ puramente propaganda diventando cosi’ burattini manipolati in un cinico gioco di potere. Poiche’ la protesta e’ stata ben organizzata ed ovviamente finanziata e le maglie rosse si sono rese protagoniste di atti violenti, non si puo’ etichettare i protestanti come totalmente pacifici.
Avendo avuto l’opportunita’ di parlare il 9 Maggio con alcuni esponenti nel loro accampamento a Rajaprasong prima della repressione militare, ne ho colto una forte determinazione per la loro causa assieme a gentilezza ad amichevolezza (eccezione fatta per la security in camicia nera). Mi ha stupito anche il loro livello di organizzazione per approvvigionare migliaia di protestanti accampati in strada. Riguardo le motivazioni per protestare, la mia opinione e’ che:
1)Sebbene i rossi siano stati pagati per partecipare, non penso che questo costituisse il motivo unico per la loro presenza standosene 2 mesi accampati nelle strade durante il periodo piu’ caldo di Bangkok.
2)Sono stati motivati dal desiderio di migliorare i loro interessi economici nella speranza che cio’ avvenisse attraverso un radicale cambiamento nel Governo. Alcune statistiche internazionali mostrano come i contadini Tailandesi non siano affatto peggio o addirittura godano di migliori condizioni di vita rispetto ai loro simili in altre parti del mondo e che la poverta’ assoluta e’ irrilevante. Cio’ nonostante, Chris e Pasuk Baker hanno fatto presente che il divario sul reddito tra il 20% dei piu’ ricchi ed il 20% dei piu’ poveri e’ 13-15 volte e che il divario di ricchezza e’ ben 70 volte, dimostrando con tali dati che la distribuzione del reddito assieme a forte disparita’ nella ricchezza sono un problema ancora rilevante in Tailandia..
3)Sono stati motivati dalla ricerca di un sistema politico piu’ giusto per terminare il controllo politico dell’elite e porre fine ai doppi standard in Tailandia dove i ricchi e potenti possono cavarsela mentre i poveri dispongono di pochi mezzi per l’esercizio pieno dei loro diritti.
Contrariamente alle camicie gialle i quali sostengono che i rossi sono ignoranti e manipolati, parlando con diversi contadini e tassisti (quasi tutti provenienti dall’Isaan) mi sono fatto l’idea che le camicie rosse ed i loro simpatizzanti hanno le idee ben chiare riguardo cosa non va’ sia in Tailandia che nel Governo del Partito Democratico di Abhisit. Discutendo i prezzi del raccolto in un’area del Nord, i contadini affermano che Thaksin sarebbe a conoscenza dei loro problemi mentre non lo sarebbe Abhisit e cio’ si infila a misura in quel risentimento generale nei confronti dell’establishment dal quale vedono riceversi le briciole se non completamente ignorati e per colpa del quale hanno visto svanire i propri voti con un Colpo di Stato, di dubbie decisioni della Corte Suprema e di sotterfugi delle Forze Armate per far cadere il Governo da loro eletto. Nonostante il loro slogan che chiama alla “ristabilizzazione della Democrazia” sebbene il concetto non sia loro proprio chiaro, di certo sanno pero’ come sono stati calpestati i loro diritti politici quali cittadini Tailandesi a favore dei ricchi e potenti appartenenti all’elite.
Le maglie gialle parlano di “lavaggio del cervello” dei rossi per mezzo delle stazioni radiofoniche e TV che inneggiano continuamente senza interruzioni alla loro causa. Perlomeno cio’ costituisce l’unica sfida a quel “consenso” che garantiva all’elite il loro status-quo inculcato in tutta la societa’ sin dall’infanzia il quale ha trasformato radicalmente il contadino povero da persona politicamente passiva e remissiva a persona cosciente e attiva. Come gia’ detto precedentemente, il gigante si e’ svegliato. Se cio’ sia un bene oppure no, dipende dall’interesse in gioco. Nel corso dei 50 anni precedenti, il Governo ha brillantemente inculcato il concetto del “consenso nello status-quo” in tutta la popolazione ma negli ultimi 2 anni le maglie rosse hanno fatto un lavoro eccellente nell’organizzare una resistenza politica nel nord e nord-est sollevando al contempo la questione dell’accettazione di tale consenso tra la gente. L’elite ovviamente e’ sempre stata contenta nell’avere i contadini politicamente inerti e docili mentre ora appaiono risentiti dal fatto che queste persone possano avere la loro voce nel governo del Paese.
Il movimento delle maglie rosse pero’ non e’ costituito esclusivamente da contadini e manovalanza cittadina ma sta iniziando anche ad attirare una fetta di quella classe borghese cittadina – inclusi i negozianti di origine Cinese cosiccome alcuni membri dell’elite, nuovi membri che rimangono ostinatamente opposti a Thaksin e che criticano i metodi violenti utilizzati da alcuni rossi verso la fine della protesta a Rajaprasong cosiccome la loro irruzione al Chulalongkorn Hospital.
Un punto che vale la pena menzionare e’ la presenza di alcuni leader delle maglie rosse i quali per alcuni anni hanno fatto parte della resistenza comunista negli anni ’70: la cosiddetta “generazione dell’Ottobre 1976”. Questi idealisti erano allora degli studenti che sono stati repressi in modo brutale dai militari e che poi si sono ritirati sulle montagne per affiliarsi all’insurgenza comunista di una minoranza di irriducibili. La disillusione verso i comunisti e l’amnistia ben orchestrata concessa loro da Prem Tinsulanonda assieme a Kriangsak, li hanno portati a condurre vite normali nelle citta’. Alcuni sono diventati impiegati bancari e consulenti finanziari, altri hanno incanalato il loro idealismo nel cosiddetto movimento dei “dottori rurali” per badare alla salute dei poveri contadini, altri si sono messi in politica. Alcuni di questi si trovano oggi in prima linea nel movimento delle maglie rosse, forti della loro esperienza formativa negli anni ’70 con un marchio distintivo nelle loro coscienze e cioe’: amarezza e risentimento verso i militari (e pertanto di riflesso l’elite) responsabile della feroce repressione studentesca del 1976.
Diversi corrispondenti stranieri hanno parlato di conflitto tra “maglie rosse e gialle” e cio’ mostra quanto poco gli stranieri capiscano la complessita’ di cio’ che sta succedendo in Tailandia. La situazione e’ davvero complicata e confusa e tutte le generalizzazioni che si fanno hanno diverse eccezioni poiche’ vi sono alcuni membri dell’elite che supportano le camicie rosse e quindi non si possono interamente categorizzare i membri dei rossi e quelli dei gialli. Cio’ nonostante e’ necessario fare alcune categorizzazioni e generalizzazioni al fine di capire cosa sta succedendo ed e’ sicuramente certo che la principale base di supporto delle camicie rosse risiede tra i contadini delle provincie.
Un’altro punto che vale la pena menzionare e’ che l’attuale crisi in Tailandia e’ la peggiore mai avuta in campo socio-politico. Charles Keyes e’ un esperto sulla societa’ Tailandese ed ha affermato che gli eventi recenti lo hanno portato a riconsiderare cio’ che pensava della classe contadina Tailandese. Il livello del confronto diretto e l’utilizzo di parole infuocate assieme alla intransigenza a scendere a compromessi, appaiono cosi’ diversi se non contro la generale visione della societa’ Tailandese sebbene non direi che la cosa non abbia avuto precedenti storici come testimoniano conflitti e violenze accaduti alla fine degli anni ’60 e ’70 in alcuni luoghi di provincia: gruppi spietati di estrema destra ammazzavano coloro che sospettavano essere comunisti, Kiiti (monaco buddista) incitava ad uccidere i comunisti in netta violazione della dottrina Buddista e poi il massacro studentesco a Bangkok alla Thammasart University nel 1976.
Thaksin sembra giocare un ruolo fondamentale dietro le quinte e nonostante che si sia dimostrato essere un opportunista, corrotto ed oppressore, la maggior parte delle maglie rosse continua ad appoggiarlo. Questi ultimi pero’ sembrano via via prendere una strada indipendente da colui che li ha fondati alimentati dal fatto che i loro scopi e quelli di Thaksin non sono identici visto che Thaksin e’ preoccupato ad avere indietro i beni sequestrati cosiccome pulirsi dalle condanne ricevute cercando l’amnistia.
Penso che il tempo e la storia faranno apparire Thaksin in posizioni contrastanti. Da un lato, ha portato la maggioranza dei Tailandesi ad essere coinvolti in politica cosi’ da proporre una vera e propria alternativa al vecchio sistema elitario fatto di giochi di potere ed ha creato diversi progetti con lo scopo di migliorare le condizioni di vita dei poveri. Dall’altro, verra’ anche ricordato per il suo stile dittatoriale, per il maltrattamento dei Musulmani nel Sud, per la moltitudine di abusi dei diritti umani ed extra-uccisioni durante la lotta contro i trafficanti di droga.
Il Governo e le maglie gialle hanno demonizzato Thaksin. Il Governo di Abhisit, dopo gli scontri di Maggio 2010, lo ha brandito come un terrorista. Nel 2009, Thaksin e’ stato nominato consigliere economico dal PM Cambogiano Hun Sen per il suo governo e cio’ aveva portato le ire del Governo di Abhisit il quale poi aveva rotto i ponti con quello Cambogiano. Ricordo di aver chiesto l’opinione ad una distinta signora borghese Tailandese di tale nomina e lei mi ha risposto “... questo Governo non ha di meglio da fare che perdere tempo dietro Thaksin ? Dovrebbero dedicare il loro tempo a pensare come gestire meglio il Paese ... “.
Molte persone sono dell’idea che neutralizzando Thaksin anche le maglie rosse cadrebbero e tutto tornerebbe come prima della sua ascesa. Penso che si sbaglino. Lo Status-quo dell’elite ha ormai subito uno scrollone che nemmeno questo basterebbe a riportare le cose com’erano originalmente nemmeno se Thaksin rinunciasse definitivamente ritirandosi in Montenegro senza computer, telefono, TV e telecamere per il resto della sua vita. Piu’ il Governo demonizza Thaksin, piu’ tale mossa fomenta lo scontento ed il risentimento delle maglie rosse verso l’establishment.
Uno dei problemi delle maglie rosse e’ proprio la leadership qualora Thaksin venisse escluso poiche’ alimenta troppa divisione nel movimento ed e’ moralmente macchiato da abusi, corruzione e lesa maesta’. I rossi non sembrano avere persone in grado di dirigere la Nazione in modo efficiente per mezzo di riforme in campo sociale, economico e politico. Non mi sembra nemmeno che i rossi dispongano di una opportuna visione progressivista di riforme per il bene del Paese ne’ di un progetto di riconciliazione tra le 2 fazioni migliore di quella offerta da Abhisit. Cio’ e’ emerso dai dibattiti parlamentari del post-scontri di Maggio 2010 dove il Phua Thai (il partito di Thaksin e dei rossi) era piu’ impegnato ad ingigantire l’intervento “massacratorio” dei militari piuttosto che cercare una soluzione per il bene di tutti. La prospettiva che la Nazione venga governata da rappresentanti delle maglie rosse, mi preoccupa di piu’ dell’attuale governo.
LE MAGLIE GIALLELa loro composizione e’ complessa tanto quanto quella dei rossi. La maggioranza dell’elite Bangkokiana e’ gialla e probabilmente anche la maggioranza della classe borghese mentre la classe borghese provinciale sembra essere divisa tra i gialli e i rossi (eccezione fatta per il Sud che e’ decisamente molto piu’ giallo). Solo una piccola porzione di contadini risulta essere giallo poiche’ e’ stato loro inculcato l’istinto alla fedelta’ verso le istituzioni tradizionali. Il cuore del movimento maglie gialle si trova nell’aristocrazia Bangkokiana, ai vertici della comunita’ degli affari come in quella burocratica. Molti di questi sono apertamente intolleranti verso i rossi, non distinguono le dovute e genuine ragioni dei protestanti dagli interessi di Thaksin e li brandiscono come un gruppo di teppisti mercenari coi quali e’ inutile trattare. Molti non hanno mai interagito con i contadini o con lavoratori poveri, pertanto non conoscono la loro realta’ ed il loro bisogni. La loro intransigenza mi appare come il piu’ grosso ostacolo per una riconciliazione.
IL GOVERNO DI ABHISITIl primo punto da considerare e’ se il Governo di Abhsit e’ legalmente costituito. Personalmente, e’ piuttosto grossolano dire che non e’ un governo legittimo. Un giornalista della BBC ha commentato che questo e’ un governo illecito poiche’ non eletto dai votanti. Peccato che il commento fosse stato fatto esattamente pochi giorni prima della formazione di un governo di coalizione nel Regno Unito unendo 2 partiti. I Democratici di Abhisit si sono uniti nel 2008 con il Phua Phendin, il Bhumjaithai ed altri partiti principalmente grazie al convincimento del leader Phua Phendin a prendere le distanze da Thaksin e quindi dal Phua Thai. In Italia, ne abbiamo avuti di governi cosi’ senza che nessuno ne’ contesti la legittimita’.
Le elezioni del 2008 sono state quelle del post colpo di stato ossia con una nuova costituzione designata a limitare l’abilita’ dei successori di Thaksin a vincere le elezioni. Nonostante cio’ il PPP (People Power Party), successore del defunto Thai Rak Thai, ha ricevuto una valanga di voti formando un Governo di coalizione. L’establishment ovviamente non ha ingoiato il boccone amaro ed e’ riuscito – tramite la rivolta dei gialli a novembre 2008 e poi per vie legali – dapprima a far destituire il PM Samak Sundaravej in virtu’ di una legge costituzionale (assurda) che vieta al PM di partecipare a programmi TV (dove Samak faceva scuola di cucina) e successivamente a far sciogliere le camere in seguito alla caduta del governo poiche’ il PPP e’ stato sciolto come prevede la costituzione nel caso in cui vi siano stati voti comprati alle elezioni (anche qua’, legge assurda). Tali sentenze della Corte Costituzionale, assieme a tante settimane di protesta ed occupazione illegale della sede del Governo cosiccome degli aeroporti Internazionali da parte delle maglie gialle, hanno posto fine al Governo-fantoccio di Thaksin e delle maglie rosse. Durante una serie di negoziazioni sotterfugio in una base militare sotto la guida del Generale di Corpo d’Armata Anupong Paojinda, il leader del Bhumjaithai party Newin – che prima stava nella coalizione del PPP – e’ stato indotto a lasciare la coalizione alleata con Thaksin e a formare un governo con i democratici di Abhisit.
Da tale panoramica, e’ possibile capire i sentimenti della gente rurale i quali hanno presto dedotto che esiste un sistema giudiziaro dai doppi standard nell’interpretazione delle leggi e un’armata che ha detronizzato il Governo da loro eletto mentre ha dato l’appoggio ad Abhisit. Hanno visto un Colpo di Stato detronizzare Thaksin, la giunta militare rifare una nuova costituzione sotto i cui principi sono andati alle elezioni vincendo ancora il PPP di Thaksin e pertanto con la lettimita’ di governare per poi, attraverso manovre elitarie sostenute ancora una volta dai militari, riuscire a far cadere il Governo formandone uno che e’ l’esatto prodotto di tali manovre e non la volonta’ degli elettori tramite elezioni generali.
L’unico modo per risolvere il problema della legittimita’ sarebbe quello di andare alle elezioni. Abhisit e’ sempre stato riluttante verso tale proposta, trovando sempre diverse giustificazioni che sembrano lontane dai reali motivi senz’altro piu’ legati al potere fine a se’ stesso. Quando ha preso posto di PM nel 2008, se avesse concesso la grazia ai 111 politici del PPP, invitato i migliori esponenti moderati delle maglie rosse (non quelli sovversivi tanto per intenderci) a partecipare ad un governo di unita’ nazionale, annunciato le elezioni generali nell’arco di 1 anno e preso misure per porre fine ai doppi standard nell’applicazione delle leggi – in particolar modo per quanto riguarda i leader del PAD durante l’occupazione degli aeroporti nel 2008, allora gli eventi degli ultimi 18 mesi sarebbero andati diversamente. Senza dimenticare poi il suo pessimo giudizio all’inizio della protesta dei rossi nel 2010: secondo lui non c’era da preoccuparsi e quindi i rossi hanno invaso Bangkok ed iniziato ad erigere barricate formando copertoni e canne di bambu’ affilate facendo apparire Bangkok piu’ come un set del film Rambo che la capitale. Se l’assedio e l’erezione di tali barricate fossero stati prevenuti a priori, si sarebbe magari evitato il conseguente massacro. Certamente questo governo non e’ campione nella prevenzione: basta guardare l’invasione dei rossi in un Hotel a Pattaya durante l’ASEAN summit.
Abhisit ha governato come se i tempi fossero sempre gli stessi. Nella sua agenda, non ha mai incluso la parola “cammino verso la riconciliazione” tra gialli e rossi, probabilmente anche per effetto della pressione ricevuta dall’establishment. Perlomeno Abhisit cosiccome il ministro delle Finanze Korn hanno saputo mostrare doti in campo economico visto che la Tailandia si avvia verso un 6% di crescita nel 2010.
Alcune scelte populiste - come i 2.000 baht pagati una-tantum a persona in modo da favorire lo stimolo al consumo - ad alcuni e’ apparso come un fallito tentativo a tenere il passo con Thaksin in tema di misure popolari. Esistono ben altre idee in voga tra la comunita’ accademica, le ONG ed altri su cio’ che deve essere fatto per migliorare le opportunita’ economiche per la popolazione povera. Probabilmente, l’introduzione di una tassa sulla proprieta’ cosiccome sull’eredita’ potrebbe essere una fra le tante soluzioni.
PARTICOLARITA’Nei 4 mesi precedenti, alcune delle famiglie piu’ di spicco dell’elite Bangkokiana hanno amaramente constatato come i giornalisti stranieri (BBC e CNN in particolar modo) abbiano riportato i fatti in modo distorto.
Queste lamentele a mio parere partono dalla concezione che, per la maggioranza dell’elite Tailandese, il loro Paese ha una cultura unica e speciale, difficile da capire dagli stranieri. Costoro hanno sempre utilizzato tale pretesto come cavallo di battaglia per difendere il loro status-quo in una societa’ a gerarchia piramidale e pertanto e’ uso ed abuso per sbarazzarsi di commenti stranieri a loro sconvenienti: a detta loro, i giornalisti stranieri non capiscono e non sono informati ed i Tailandesi che vanno contro il concetto di “unicita’ Tailandese” vengono branditi come “non Tai e troppo occidentali”.
E’ logico che la cultura di qualsiasi Nazione abbia la propria unicita’ ma cio’ non impedisce ad osservatori esterni l’essere in grado di descriverne i pro ed i contro poiche’ esistono dei punti in comune con le altre culture cosiccome tratti universalmente riconosciuti. L’elite Tailandese cosiccome le maglie rosse hanno dimostrato di vedere solamente la loro versione del conflitto senza una vera e propria volonta’ a scendere a compromessi.
Questa “ eccezionalita’ ” con la quale ognuno definisce la societa’ Tailandese, porta ad un totale disinteresse nella considerazione ed esame di modelli offerti da altri Paesi. Inoltre, non favorisce un senso critico dispassionato ed oggettivo ma di parte. Cio’ e’ in netto contrasto con la Cina. David Shambaugh, come scritto nel suo libro “Il Partito Comunista Cinese”, ha studiato per 20 anni diversi modelli da tutto il mondo cercando di identificare quale meglio potesse adattarsi alla Cina ed ha poi ulteriormente fatto auto-critica per determinare come potrebbe essere migliorato. La Cina e’ un Paese grande e pertanto con problemi diversi di grande entita’. Uno dei motivi che si aggiungono alla riuscita transizione da Paese unicamente basato sul Socialismo a Paese via via piu’ aperto al Capitalismo e’ che la sua leadership ha saputo individuare subito i problemi del Paese e prendere immediate e drastiche misure applicate gia’ in altri Paesi.
Vi sono altre Nazioni che hanno dimostrato efficienza nell’affrontare problemi che riguardano la Tailandia. Per esempio, la Spagna e’ riuscita nell’arco di 30 anni a decentralizzare i poteri di una Madrid centralista verso le regioni e via via ai comuni cosiccome a far diventare le Forze Armate apolitiche. Cosa dire poi del Sud Africa ? La forza e unita’ raggiunta e’ il frutto del compromesso raggiunto tra bianchi e neri dopo la caduta dell’Apartheid anche se cio’ non e’ ancora totalmente esente da divisioni nella societa’.
RICONCILIAZIONEAlla base di tutto cio’, credo che vi debba essere innanzitutto il riconoscimento da parte dell’ “establishment” della caduta del vecchio consenso e percio’ della vecchia Tailandia che la vede contrapposta ad una nuova dove prevale un pensiero costruttivo teso a scendere a compromessi per muovere il Paese avanti con i tempi se vuole essere una Nazione del XXI secolo. Ora come ora, si osservano piu’ recriminazione che riconciliazione, piu’ pregiudizi e cieca difesa del proprio orto piuttosto che una critica costruttiva benefica nel lungo termine. Abhisit potra’ anche convincere che e’ un buon PM attraverso riforme sociali ed economiche soprattutto se queste ultime sono proiettate ad un buon 6% di crescita come danno le ultime statistiche e questo potrebbe anche servire a fargli vincere le elezioni, ma sotto il fragile mantello societario rimarrebbe pero’ sempre una questione irrisolta che aspetta solo il momento buono per riaffiorare in chissa’ quale dimensione: basta pensare a cio’ che potrebbe succedere il giorno in cui Re Bhumipol non ci sara’ piu’ e questo potrebbe essere un motivo in piu’ per accellerare il processo di riconciliazione visto che il Re ha manifestati problemi di salute.
Cosa potrebbe prevedere la via verso un processo di riconciliazione ?
1) porre fine ai lampanti esempi di doppio standard in campo giudiziario in particolar modo al mancato processo verso i leader del PAD durante la loro occupazione degli aeroporti a Bangkok nel 2008. Cio’ costituirebbe il primo sincero passo verso “la legge e’ uguale per tutti” probabilmente avente il potere di sbloccare quella recidivita’ a trattare da parte dei leader rossi. Sicuramente tale azione andrebbe contro gli interessi dei potenti elitari e pertanto Abhisit dovrebbe proprio farne la questione principale verso la quale sarebbe pronto a dimettersi qualora venisse ostacolato. Se non si muove in questa direzione, allora il suo richiamo alla legge e all’ordine (come fatto recentemente durante una sua visita a Phuket) e’ pura ipocrisia poiche’ dimostrerebbe di non essere in grado di applicarla a tutti ma solamente verso coloro che disprezza.
2) porre fine alla censura di TV, stazioni radio e siti web dell’opposizione. Cio’ risulta in netto constrasto con i principi democratici cosi’ tanto sventagliati da Abhisit. I rossi insorgono e le stazioni radio-TV vengono oscurate. Quando il PAD ha occupato settimane e settimane le vie di Bangkok per culminare con l’assedio negli aeroporti di Novembre 2008, perche’ ASTV non e’ stata oscurata ?
3)dissociarsi ed isolare gli estremisti rossi ossia coloro che hanno appiccato il fuoco, che hanno lanciato le granate e che hanno fatto irruzione al Chulalongkorn Hospital. Anche i leader rossi devono mostrare responsabilita’ verso azioni tese a diffondere terrore nella capitale e non di pacifica e genuina protesta.
4)Ignorare completamente Thaksin e questo non solo il Governo ma anche i media.
5)Fissare la data delle elezioni generali una volta per tutte smettendo di cambiare idea offrendo fragili scuse e pretesti sul posticipo della data
Nessuno puo’ prevedere con accuratezza quali eventi si svilupperanno nel prossimo futuro anche se posso azzardare le seguenti ipotesi:
a)la prevalenza del buon senso dei Tailandesi fara’ si che non vi sia una guerra civile o che il Paese ritorni ad una dittatura militare come negli anni passati.
b)la riconciliazione avra’ un netto positivo cambiamento con il cambio generazionale. Nel frattempo, aspettiamoci schermaglie e scaramucce nel puro stile Thai di tanto in tanto.
c)la crescita economica porta al miglioramento dello stile di vita e con esso la possibilita’ per molti di ricevere un’educazione migliore la quale e’ il pilastro fondamentale verso una societa’ piu’ civilizzata.
d)Verranno introdotte gradualmente delle riforme, la generazione elitaria dei “duri a morire” cessera’ di esistere dando spazio cosi’ ad una elite piu’ giovane, compassionevole e di mente aperta. La linea autoritaria della tradizionale politica Tailandese verra’ rimpiazzata da una piu’ efficiente in linea con gli stati occidentali. I doppi standard svaniranno gradualmente.
.... sono troppo ottimista ? Non penso. Piuttosto il punto e’: quando tutto questo sara’ possibile ?